Il Parlamento UE ha appena votato gli ultimi emendamenti alla proposta di direttiva per la “transizione verde”, con cui intende fissare regole precise per aumentare le norme a tutela dei consumatori in merito alla durabilità e alle caratteristiche ecologiche dei prodotti. L’obiettivo è quello di giungere a combattere i fenomeni dell’obsolescenza prematura (se non addirittura programmata) e del greenwashing.

L’obsolescenza precoce dei prodotti è un meccanismo talvolta utilizzato dai produttori sin dalla fase della progettazione, per provocare, dopo un certo periodo di tempo, alcuni guasti (per esempio, utilizzando componenti di bassa qualità) che potrebbero essere facilmente riparati, al fine di forzare i consumatori all’acquisto di un nuovo prodotto.

Si parla di “greenwashing” quando ci si trova di fronte a tecniche di comunicazione e di marketing che tentano di attirare l’attenzione del consumatore sensibile ai temi della sostenibilità, presentando un prodotto come “ecologico”, “sostenibile”, ecc. Purtroppo, i c.d. “green claim” si limitano spesso a dichiarazioni vaghe o generiche, non supportate da evidenza di alcun genere, fino ad arrivare a vere e proprie forme di pubblicità ingannevole.

Documento IMCO

Prima di votare la propria posizione definitiva, il Parlamento UE ha considerato lo studio prodotto dalla Commissione per il Mercato Interno e la Protezione dei Consumatori (IMCO), che ha messo in luce che in alcuni Stati sono già presenti iniziative che vale la pena di estendere a tutti, così come lacune spesso comuni a tutta l’UE.

Sulla base di quest’analisi sono state formulate al Parlamento delle raccomandazioni, articolate secondo le fasi di processo fondamentali, nelle quali è possibile scandire l’immissione di prodotti sul mercato rivolto ai consumatori, come sintetizzato sotto.

Con riguardo alla fase di design e di produzione, IMCO propone, tra l’altro, di:

disciplinare la fase della progettazione e di disegno di prodotti, prevedendo che sin da questo momento siano imposti determinati requisiti di sostenibilità, tenuto conto che più dell’80% dell’impatto ambientale di un prodotto è già (definitivamente) determinato in questo stadio. Tra i requisiti minimi da prevedere sin dalla progettazione dovrebbero esservi quelli relativi a durabilità (per esempio, esigendo una durata minima della vita di determinati prodotti o di componenti critici di prodotto), riparabilità, scalabilità, possibilità di smontaggio (per esempio, per facilitando la rimozione di determinati componenti al fine di favorirne la sostituzione), informazioni sul prodotto, facilità di riutilizzo e riciclo;
estendere i requisiti di progettazione “eco” ad un più vasto ambito di prodotti collegati al consumo di energia (per esempio, allo scopo di favorire il ricondizionamento di smartphone), prendendo anche in considerazione la possibilità di applicare i requisiti anche ad altri settori (come il tessile o la produzione di mobili);
aumentare il monitoraggio sull’effettivo rispetto dei requisiti richiesti.

Con riferimento alle attività precontrattuali ed alle azioni di marketing, IMCO ha raccomandato al Parlamento UE di

vietare le pratiche di “greenwashing” includendo il divieto nella Direttiva sulle Pratiche Commerciali Scorrette (2005/29/CE) ed esigendo che eventuali “green claim” siano fondati sulle c.d. Impronte ambientali di Prodotto (Product Environmental Footprint, o PEF), vale a dire metodi di calcolo documentati, che permettano di descrivere scientificamente gli impatti ambientali di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita;
vietare le pratiche di obsolescenza prematura più evidenti, prendendo a spunto, tra l’altro, dalle recenti sanzioni inflitte da parte dell’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ad Apple e Samsung, per avere imposto ai propri consumatori l’acquisto di un nuovo telefono perché guastatosi nel tempo, laddove il produttore avrebbe potuto fare in modo che l’apparecchio venisse riutilizzato ed aggiornato;
obbligare i produttori e importatori a fornire informazioni precise sulla durabilità e la riparabilità dei prodotti, nonché sulla disponibilità di parti di ricambio (rendendo tali componenti disponibili).

Per quanto riguarda il contratto di vendita, IMCO raccomanda di introdurre le seguenti previsioni:

agganciare il periodo di garanzia alla durata di vita media attesa dei beni;
incentivare l’offerta di garanzie che coprano tutto il ciclo di vita commerciale dei prodotti;
stimolare uno sviluppo di un green e-commerce, improntato alla sostenibilità della logistica.

Infine, considerando la fase in cui il prodotto giunge ad essere un rifiuto, IMCO ha invitato il Parlamento, tra l’altro, a:

raffinare la definizione di rifiuto in modo che, in via generale, tutta la legislazione europea in materia risulti coerente con gli obiettivi europei di economia circolare e di consumo sostenibile,
estendere la responsabilità dei produttori, valutando anche la possibile efficacia di contribuzioni finanziarie alle c.d. PRO (Producer Responsibility Organisations, organizzazioni professionali autorizzate ad assolvere gli obblighi del corretto smaltimento e riciclo di rifiuti in luogo dei produttori diretti).

La posizione finale del Parlamento UE

Tenuto conto delle raccomandazioni IMCO, il Parlamento ha quindi ritenuto di includere nella proposta di direttiva per la transizione verde le seguenti previsioni:

divieto di pubblicità ingannevole e di dichiarazioni ambientali generiche: definizioni come “rispettoso dell’ambiente”, “naturale”, “biodegradabile”, “cruelty-free”, “ecologico”, “sostenibile”, ecc., non devono potere essere utilizzate se non sono fondate su dati scientifici e documentabili. Non devono potere essere usate nemmeno definizioni similari basate esclusivamente su sistemi di compensazione delle emissioni di carbonio, o dichiarazioni la cui veridicità sia soltanto parziale;
divieto di claim di durabilità del prodotto quando ciò non sia rispondente al vero;
utilizzo di etichette di sostenibilità soltanto se basate su sistemi di certificazione riconosciuti;
lotta all’obsolescenza precoce: per aumentare la durabilità dei prodotti, deve essere vietato nella fase di progettazione, l’obiettivo dell’obsolescenza programmata. Inoltre, dovrebbe essere vietato ai produttori la commercializzazione di beni non idonei alla riparazione o l’omissione di informazioni al consumatore in merito alle eventuali limitazioni della riparabilità del bene (per esempio, l’indisponibilità di servizi di riparazione o di pezzi di ricambio, ovvero indisponibilità di riparare un prodotto nel caso in cui questo sia stato riparato da soggetti diversi dal produttore).

Il messaggio della relatrice del Parlamento UE, Biljana Borzan, dopo la votazione, è stato chiaro e diretto: "Il settore non potrà più guadagnare producendo beni di consumo che si rompono a garanzia appena scaduta. I consumatori dovranno essere informati in modo chiaro delle opzioni e dei costi di riparazione. Le etichette dei prodotti informeranno i cittadini sui prodotti con una garanzia di durata maggiore e i fabbricanti con i prodotti più durevoli ne beneficeranno. La giungla delle false dichiarazioni ambientali finirà, poiché saranno consentite solo le dichiarazioni ecologiche certificate e comprovate". Prossime tappe Il Parlamento UE si confronterà ora con gli Stati membri per giungere alla versione definitiva della proposta di direttiva.

Si auspica che non sia né aspro né lungo il percorso di approvazione della direttiva e che siano velocemente assicurate, almeno in UE, importanti tutele a beneficio dei consumatori e del pianeta.

Transizione verde: UE contro greenwashing e obsolescenza precoce dei prodotti

Il legislatore UE ha definito la proposta di direttiva per la cd. transizione verde, con l’intenzione di adottare regole precise per contrastare in maniera efficace il greenwashing e l’obsolescenza precoce dei prodotti.